La verità del linguaggio

Galleria Venezia Viva, Venezia 1991

di Enzo Di Martino

Vi sono eventi visivi che dichiarano immediatamente la loro identità senza per questo dover ricorrere alla narrazione o alla rappresentazione di alcunché  E’ il caso dei fogli di Maria Teresa Cazzadori che configurano una immaginazione inoggettiva di grande intensità emotiva affidata essenzialmente alla funzione memorativa delle tracce e del colore che l’artista vi deposita. Si tratta di “segnali” cui Maria Teresa Cazzadori perviene attraverso un procedimento lungo e riflettuto quale quello dell’ incisione calcografica e che, proprio per tale ragione, risultano infine carichi di valenze che hanno a che fare con la storia e la memoria. E’ evidente perciò che l’artista veronese appare consapevole di avere a che fare con una partita espressiva nella quale la posta in gioco non è la rappresentazione ma il linguaggio. Per questa via Cazzadori giunge alla manifestazione di un evento visivo che possiede i caratteri dell’autosufficienza, scandito su di una superficie metallica che diviene così lo spazio destinato ad accogliere gli impulsi di una vita interiore. Ecco perché le sue immagini sembrano rispondere a regole interne a se stesse, esplicitazioni di un immaginario personale di cui l’artista non da conto. In questo senso la loro “bellezza” è assolutamente inintenzionale perché esse esprimono la sola necessità ad apparire, a manifestarsi, di un sogno personale cui l’artista affida la sua stessa probabilità esistenziale. Sarebbe tuttavia fuorviante ritenere che il lavoro di Maria Teresa Cazzadori provenga da un atteggiamento di automatismo istintivo o di abbandono emozionale, perché esso si manifesta per mezzo di una processualità complessa che riesce a far convivere il gesto e il progetto, la ragione e il sentimento. Il momento formale appare caratterizzato dalla necessità di dare ordine allo spazio che diviene così totalmente significativo, mentre le sue opere più recenti sembrano reclamare il diritto alla ricerca di nuovi orizzonti espressivi. In entrambi i casi, tuttavia, evidente l’assoluta “necessità” all’apparizione che tali immagini dichiarano, in una urgenza espressiva che ha a che fare con l’inevitabilità. Il linguaggio, l’esercizio dei mezzi espressivi, diviene allora esso stesso rappresentazione, in un processo di affinamento e di autogiustificazione che è molto simile a quello della ricerca musicale. Ecco perché Cazzadori “esibisce” la trama stessa del tessuto incisorio con un atteggiamento che non oppone resistenza alla manifestazione dell’opera “fatta ad arte”, consapevole com’ è, della necessità di percorrere tutta intera la via del “fare l’arte. Il linguaggio diviene allora l’unica possibilità di dichiarare la propria interezza interiore, la sola maniera di “attraversare” il mondo della fantasia e dell’immaginazione, nel segno “turbolento” e rassicurante della poesia.